Kate Beaton si mette a nudo e racconta, in un volume corposo, una storia vera, toccante e che fa riflettere.
Kate
Nata e cresciuta a Capo Bretone, in Canada, consegue una doppia laurea in Storia e Antropologia. Per far fronte alle spese sostenute per i suoi studi, si trasferisce in Alberta alla ricerca di un lavoro per ripagarsi i debiti.
Proprio in questo periodo lavorativo, Kate inizia a realizzare fumetti, precisamente, realizza un webcomic intitolato “Hark! A Vagrant“, costruendosi fin da subito un pubblico che ne apprezza lo stile e il modo di raccontare.
Dopo diverse pubblicazioni, Kate Beaton ha vinto il Premio Eisner come miglior autrice completa e, nello specifico, Ducks ha vinto il premio come Miglior memoir.
Ducks
Ducks è una storia e un volume particolare. Racconta i due anni che Kate stessa ha vissuto in Alberta, lavorando nelle sabbie bituminose, per ripagare i debiti universitari.
Si può parlare, quindi, di una specie di autobiografia che però cela al suo interno tanti, tantissimi messaggi di denuncia sociale.
La graphic novel, pubblicata in Italia da Bao Publishing conta più di 400 pagine che riescono però a catturare il lettore e a fargli vivere e respirare il duro lavoro nelle sabbie.
La storia parte piano e introduce al pubblico il personaggio di Kate e la sua famiglia con il classico dibattito del “adesso cosa vuoi fare?”. Si, perché nonostante la laurea, Kate deve ancora trovare la sua strada e, mentre il padre cerca di convincerla in ogni modo a fare ciò che vorrebbe lui per lei, viaggia lontano.
Trovare lavoro non è difficile e, nonostante la poca esperienza, riesce ad essere assunta per un’azienda che lavora proprio sulle sabbie bituminose.
Ad ognuno le sue sabbie
Da quel momento in poi, il fumetto cambia ritmo – inevitabilmente, essendo raccontati due anni – e fa vivere al lettore, giornalmente, la nuova vita di Kate.
La situazione lavorativa non è delle migliori: quasi solo uomini, sicurezza rivedibile e condizioni salariali adeguate soltanto alla sopravvivenza.
Giorno per giorno, seguiamo Kate alla scoperta di un mondo che da fuori non tutti conoscono. Quello lavorativo è un mondo spietato, perfido e che divora chiunque ci si avvicini impaurito o con poca esperienza.
L’arrivo di una donna in un cantiere del genere crea scompiglio e la protagonista si ritrova, purtroppo, circondata da uomini che la approcciano in ogni modo possibile, la maggior parte delle volte in maniera diretta e volgare.
Stringe le spalle Kate e si fa forza, cercando la luce durante i duri turni notturni nel freddo, appigliandosi ai pochi colleghi – tra i tanti che conosce – che sembrano poterla “aiutare”.
Denuncia sociale
Nel corso dell’opera Kate cambierà diversi cantieri, conoscendo tanti colleghi e, soprattutto, conoscendo il marcio che c’è in un contesto lavorativo dimenticato da tutto e tutti.
La prima regola è semplice: non ci sono regole. Soprattutto per le donne. Si chiude un occhio e, se serve, si chiudono entrambi e ci si tappa le orecchie. Nessuno vuol vedere e nessuno vuol sentire.
Non solo, oltre ai problemi in cui una donna può incappare in certe situazioni, non mancano i disagi lavorativi dovuti alla sicurezza.
Tutti lì lavorano in diretto contatto con polveri sottili, macchinari pericolosi e nessuno può proteggersi adeguatamente o denunciare queste mostruosità.
È proprio la denuncia il fulcro dell’opera in cui l’autrice racconta la sua esperienza, tra violenze sessuali e colleghi morti in circostanze misteriose, dove la persona non è più persona ma un numero che deve svolgere il suo lavoro, tutti i giorni ed in qualsiasi situazione.
Siamo tutti papere
Sembra strano e fa riflettere, visto che ciò che Kate ha vissuto è avvenuto nell’ormai lontano 2005 ma, in realtà, è fin troppo attuale.
È facile, facilissimo per il lettore immedesimarsi e respirare il blu (colore scelto dall’autrice) delle tavole mentre legge il volume, soprattutto se ha vissuto situazioni lavorative spiacevole.
Man mano che i giorni vanno avanti, ci si rende conto di quanto il mondo lavorativo non ha fatto mezzo passo verso il benessere dei dipendenti e la sicurezza per cercare di evitare il cosiddetto bornout.
Alla fine, nonostante qualche piccola incertezza e un finale che sembra “tagliato”, Ducks è un fumetto incredibile e si piazza tra i titoli di massimo livello che raccontano una storia vissuta, difficile da mandare giù e che mette tutti in allerta davanti alla verità: il mondo lavorativo, nonostante gli stupri, le morti e il poco impegno nella ricerca della sanità mentale, non è cambiato e, probabilmente, non cambierà mai.
Ducks racconta la storia di Kate, una storia vera e che richiama l’interesse di tutti. D’altronde, se si toglie “Kate” dal nome, questo potrebbe essere il racconto di tutti noi.
PRO
- Una storia vera che fa riflettere
- Tanta denuncia
- Lo stile è particolare ma funzionale
- Se avete lavorato vi ritroverete in tutto
CONTRO
- Il finale e alcuni passaggi possono risultare poco chiari
- Non per tutti e non per tutte le età